“La Stanza della Poesia è stata realizzata nel cuore del centro antico di Eboli.

Essa nasce da una visione della scrittrice Angela Panaro, la quale dopo aver dibattuto col sottoscritto sul concetto di Stanza (essa può essere la strofa di una Poesia;  ma anche un luogo di sosta, di dimora in Architettura), mi disse che voleva fondere i due concetti in uno solo, facendo diventare la “stanza-strofa”,  “stanza-dimora”: un luogo dove poter respirare poesia, “…una stanza vera, vera come la vita…”, un deposito di poesie. Tutto questo avrebbe dato vita alla Stanza della Poesia.

Fu proprio questo uno dei motivi che mi fece accettare questa nuova sfida, poter dire qualcosa sul binomio Architettura-Poesia.

Scendendo le scale provenienti dal sovrastante monastero delle monache benedettine o, in alternativa, attraversando via Attrizzi, si giunge all’omonima piazzetta: luogo in cui, voltandosi a destra, ci si ritrova difronte ad una torretta dalla Porta Rossa.

Il colore ed il materiale (vetro), attraggono la nostra attenzione invitandoci a varcarla, ma non prima di aver scavalcato un gradino a forma di parallelepipedo, poggiato a terra ma apparentemente sospeso nell’aria, fatto con la pietra eburina.

Spalancata la porta rossa, ci si trova a percorrere uno spazio stretto, basso, appena illuminato che, per le proprie caratteristiche, ricorda i vicoli e i cunicoli della città medievale. I passaggi medioevali, erano poco spaziosi, quasi opprimenti, attraversati da poca luce. Una volta percorsi però, improvvisamente, lo spazio si apriva in ampi luoghi come piazze e cortili. Il nostro corridoio non è altro che la conclusione di un duplice percorso: quello proveniente da piazza porta Dogana e dal monastero delle monache, attraversandolo accanto ad una libreria arrugginita come il ferro vecchio che si trova per strada, ci si ritrova dinnanzi ad un filtro metallico a forma di “L” capovolta, che il corpo oltrepasserà semplicemente scostandosi di fianco, mentre lo spirito lo attraverserà per purificarsi “ossidandolo”, lasciandoci vicino tutto ciò che inquina, condiziona, devia e rende non libera l’anima, per far accedere al luogo solo la parte più nobile, quella che si eleva rispetto ad ogni cosa e si pone pura dinnanzi alla Poesia.

Anche in questo caso, come accadeva con i vicoli del medioevo, lo spazio improvvisamente si allarga, si apre il “sipario” e, da una forma di quadrilatero irregolare chiuso, come per magia ci ritroviamo in uno spazio “senza perimetro”, grazie alle pareti a specchio che, poste frontalmente tra loro, mostrano a chi sosta l’inizio di un nuovo percorso: uno snodo verso est e verso ovest della Stanza, in direzioni sconosciute da percorrere solo grazie alla magia della Poesia.

In questo luogo prima chiuso poi “aperto”, vi sono quattro cubi in calcestruzzo che fungono da sedute per i poeti: la statica vorrebbe stessero poggiati a terra dato il loro peso, ma la magia della poesia li rende leggeri, facendoli sollevare da terra grazie al caldo segno luminoso dello strip led che “disegna” la stanza, evidenziando tutti i momenti come questo.

Nessuna finestra nella stanza, isolati dal mondo, in un vano pavimentato e intonacato con il cemento (materiale che ricorda la struttura del fabbricato) applicato grazie a lavorazioni di tempi passati; avvolti solo dal bagliore della Poesia: un riflesso rosso mattutino proveniente dalla porta d’ingresso a ricordarci il luogo in cui tornare dopo questo viaggio.”

parole dell’Architetto Luca Bruno
immagini del Fotografo Moreno Maggi

Nel suo progetto l’architetto Luca Bruno ha utilizzato la serie Wallbox nelle sue diverse inclinazioni.
L’eleganza delle sfumature dell’acciaio brunito accostato al rigore delle pareti in cemento donano all’ambiente un’atmosfera raccolta e solenne; questo accompagna il visitatore in un’esperienza immersiva, permettendogli di estraniarsi dall’ordinario, connettendosi con la poesia.